Sarà un editoriale insolito, frutto di un ragionamento e di una riflessione di un amico. Sì tratta di un parallelismo, poi vedremo tra cosa e come.
“Tu non puoi reggere la verità! Figliolo, viviamo in un mondo pieno di muri e quei muri devono essere sorvegliati da uomini col fucile. Chi lo fa questo lavoro, tu? O forse lei, tenente Weinberg? Io ho responsabilità più grandi di quello che voi possiate mai intuire. Voi piangete per Santiago e maledite i Marines. Potete permettervi questo lusso. Vi permettete il lusso di non sapere quello che so io. Che la morte di Santiago nella sua tragicità probabilmente ha salvato delle vite, e la mia stessa esistenza, sebbene grottesca e incomprensibile ai vostri occhi, salva delle vite! Voi non volete la verità perché è nei vostri desideri più profondi che in società non si nominano, voi mi volete su quel muro, io vi servo in cima a quel muro. Noi usiamo parole come onore, codice, fedeltà. Usiamo queste parole come spina dorsale di una vita spesa per difendere qualcosa. Per voi non sono altro che una barzelletta”.
E ancora: “Io non ho né il tempo né la voglia di venire qui a spiegare me stesso a un uomo che passa la sua vita a dormire sotto la coperta di quella libertà che io gli fornisco e poi contesta il modo in cui gliela fornisco. Preferirei che mi dicesse la ringrazio e se ne andasse per la sua strada. Altrimenti gli suggerirei di prendere un fucile e di mettersi di sentinella. In un modo o nell’altro io me ne sbatto altamente di quelli che lei ritiene siano i suoi diritti”. Sì tratta del monologo (vi lasci il link al video), del colonnello Jessup (Jack Nicholson) in “Codice d’onore” (regia di Rob Reiner, 1992).
Parallelismo
È tra quello del monologo del militare paragonato a chi oggi è un militare dell’informazione e della controinformazione come lo sono io, perché a me è dedicato questo pensiero. Quindi? Leggendo il monologo, al mio caro amico è venuto in mente il parallelismo tra me (militare dell’informaIone), e chi il militare lo fa per professione. Gli altri? Sono quelli che non capiscono il ruolo di chi sta di sentinella.
“Da dare in pasto a chi pensa che passare la propria vita dentro un bunker a scrivere e cercare notizie che perché no possono come già accaduto salvare vite umane, sia tempo perso che non merita il minimo di rispetto e neppure una mano sulla spalla e non sia mai sovvenzionato con un grazie ed un euro”, mi ha scritto.
Ringrazio di cuore per questo pensiero e lo condivido con voi. Pochi (che ringrazio), capiscono il lavoro che porto avanti, le immani fatiche quotidiane e le quotidiane rinunce: e ormai quasi nessuno dà una mano. Tutto, subito, maledettamente, gratis e spesso con insulto.
Vedete, non mi riferisco ai pochissimi “soldati” che aiutano, ma a tutti gli altri. Ovvero a coloro che non capiscono che non stanno ammazzando soltanto un canale telegram, ma un essere umano che ha dato la propria vita per questa causa, la causa dell’informazione e della libertà. Senza alcun interesse personale, solo quello collettivo.
Usato e abbandonato, ormai solo sfruttato. Ed anche oggi zero euro e cento cancellazioni, ovviamente con il solito “non mollare”.
Incredulo, soffro e piango. È il giorno più triste, o forse ve ne saranno peggiori.
Davide Zedda
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